10° giorno, 10° libro!
La nostra promo gratuita di oggi è dedicata a “Il profumo delle fresie” di Dario Neri, un romanzo intenso ed elegante.
Febe ne ha subite troppe per riuscire a sopportare gli abbracci sotto le lenzuola, le carezze che nei giorni più scuri si trasformano in schiaffi che le solcano il viso di lacrime… ma forse un lieto fine c’è finalmente anche per lei.
Scaricabile gratuitamente su Kobo: https://www.kobo.com/it/it/ebook/il-profumo-delle-fresie
Speriamo vi possa far compagnia oggi con uno spaccato di vita vera che vi regali uno spicchio di speranza.
Se vi va, a noi fa sempre piacere sapere cosa pensate dei nostri libri! Anzi se già lo avete letto e volete dirci se vi è piaciuto o lo avete odiato per noi sarebbe FANTASTICO

Negli ultimi tempi gli attacchi si erano fatti più ricorrenti e Febe aveva finito col dover indurire la corazza del suo carattere, costretta a manifestare una resilienza quotidiana che aveva assunto il volto della malinconia. Se non fosse stato per i bambini e complici i costumi popolari di cui era suo malgrado vittima, l’avrebbe in realtà già lasciato da un pezzo.
Febe rientrò in casa ancora intontita dalle dure parole che si era vista piombare addosso, ma sollevata dal fatto che l’uomo fosse andato a sfogare la sua frustrazione altrove. Quella mattina aveva riconosciuto in lui lo sguardo torvo che gli segnava il viso ogni volta non fosse più disposto a usare la bocca per farsi capire, motivo per il quale aveva preferito rinunciare al diverbio.
La moka ancora calda diffondeva l’aroma del caffè in tutta la casa. Quel caffè che era diventato un rito mattutino obbligato, pena l’ennesima tiritera su quanto trascurasse il suo ruolo. La luce solare che filtrava attraverso le tende di lino, illuminava la casa altrimenti tenuta a lampadine spente, coi piatti sporchi del giorno prima che riempivano il lavello d’acciaio: lasciti dell’ennesima cena andata male.
Il silenzio della penombra era interrotto solo dal ronzio di qualche mosca reduce dalla calura, e dal soffio di fumo chiaro che spirava lento dalla bocca di Febe. La prima sigaretta della giornata, di sicuro non l’ultima. Mentre la cenere, arrivata a ridosso del filtro, segnava la fine della sua pausa.
Con i bambini ancora a letto e il marito fuori casa, avrebbe almeno potuto mettere mano al romanzo che stava scrivendo da mesi, nascondendosi agli occhi dell’uomo. Cameriera senza retribuzione di giorno, aspirante scrittrice di notte. La sua verve letteraria si manifestò, allora, anche nella silenziosa mattina domenicale che avvolgeva il quartiere estraniandolo dal tempo.
Non ricordava quando e come avesse cominciato a mettere nero su bianco i drammi personali, le ansie. Da bambina, la scrittura era stata un fortino immaginario in cui rifugiarsi: un mondo fatto di lettere e parole che poteva plasmare a fantasia. Conservava ancora gelosamente il quaderno ormai ingiallito su cui un tempo dava vita alle sue storie, su cui muoveva tormenti e paure affidandoli a personaggi più forti di lei, in modo che potessero, almeno loro, trovare un lieto fine al racconto della vita. Si chiudeva in cameretta cercando di ignorare i rumori che provenivano da fuori, curvando la schiena sulla piccola scrivania in compensato sopra la quale costruiva i suoi mondi fatti di frasi un po’ storte.
Poteva in quel modo fingere di essere grafite su carta, che i pianti della madre e le grida del padre fossero solo incubi lontani da poter cancellare con una sferzata di gomma. L’abitudine era tornata con gli anni, quando la travolse di nuovo l’impulso di sfogare l’inquietudine nella scrittura. Era ancora intatto quel fortino fatto di pagine bianche, in cui nascondersi dalla luce del sole e in cui rannicchiarsi quando la realtà intaccava il legno delle porte. Le vessazioni di cui era stata vittima quella mattina le contorcevano lo stomaco di rancore, spingendo per esplodere sui fogli.